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Senza muri, né orizzonti

venerdì 26 febbraio 2010

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Articolo originale in francese su L’interstice e tradotto per informa-azione.info da lereveil.ch

L’Europa non è esattamente une cittadella o una fortezza, piuttosto è una sorta di trappola per lupi, che si richiude una volta che ci abbiamo messo piede.
Quando andiamo ai confini estremi di questa Europa che ci piace presentare come l’Eldorado dei poveri del Mondo, ci immaginiamo di trovare delle fortificazioni e dei cancelli, o qualcosa che somigli a una barriera materiale insormontabile. Dove, sulle mappe, sono disegnati dei trattini minaccianti, crediamo spesso che ci troveremo dei piloni in metallo, piantati a terra e collegati tra loro con del filo spinato. Le nostre lezioni di storia sono riempite di questi immagini romantiche d’imperi rinchiusi dietro a muraglie insormontabili, sole difese contro il nemico : il vallo di Adriano, la muraglia cinese, la cortina di ferro o il muro di Berlino. Siamo cresciuti con l’idea che le potenze abbiano bisogno di pietre e filo spinato per rinchiudersi. La nostra rappresentazione del Mondo contemporaneo, alimentata da immagini di guerra e terrore, parte dal principio - arcaico - che gli uomini si arrestano con dei muri e dei cannoni. E invece non è affatto così. Le frontiere dell’Europa sono traslucide, immateriali, invisibili. E la guerra fatta all’ « invasore » è impercettibile e silenziosa.

Quando camminate sui trattini della mappa, non trovate altro che dei campi o dei corsi d’acqua. Non c’è rottura né cambiamento di paesaggio. Da un lato della linea come dall’altro, c’è calma assoluta. Bisogno ammetterlo, gli Stati non hanno bisogno di tirare su dei recinti per proteggersi : la modernitàha portato tutta una serie di mezzi molto più efficaci e socialmente accettabili per arginare l’ « invasione » e combattere gli « indesiderabili ». Oramai non è più necessario che si urti la sensibilitàdelle popolazioni locali rovinando il paesaggio, che si avvino dei grandi lavori che pongono delle domande alle élite intellettuali e spaventano un pò tutti. Assicurare l’integritàterritoriale e proteggere lo spazio vitale europeo non necessita più la costruzione di barricate.

Ormai, la guerra all’Altro si fa nel silenzio della notte, a l’insaputa dell’uomo-con-la-coscienza-apposto, col rinforzo di sonde e droni, di terminali biometrici e rilevatori di movimento. Il muro è tecnologico. Invisibile ma non indolore. Invece d’avere dei soldati sull’attenti, la frontiera contemporanea si dota di poliziotti in movimento continuo, di pattuglie di RABIT [1]. Gli invasori non entrano più a cavallo, ma strisciano nell’erba e piegano la schiena per avvicinarsi alla freddezza del suolo, sperando di scappare all’occhio infaticabile delle telecamere termiche. Il loro incontro con la polizia non è fortuito, ma anticipato, tale e quale a un colpo chirurgico : il loro percorso è sorvegliato dal cielo, da uno degli ufo [2] della polizia di frontiera. Non è un caso che il migrante è comparato, sulla stampa e nella letteratura, a una ombra, a una silhouette. Senza documenti, quindi senza identità, non si può muovere liberamente se non negli interstizi lasciati liberi dagli strumenti di controllo. Nell’era dell’alta tecnologia, questi interstizi si riducono ogni giorno un pò di più, e con loro la libertàdi circolare liberamente. Il muro lascia spazio alla rete. Senza saperlo, colui che ha superato i puntini è giàpreso nella nassa.

Dopo tutto non è che una questione di tempo. Il tempo prima d’essere beccato, il tempo prima d’uscire dalla detenzione, il tempo d’arrivare alla fine, il tempo d’ottenere i documenti, il tempo d’essere accettato, integrato, assimilato e poi digerito dall’ « Occidente » . Mesi, anni, una vita intera per ottenere giusto il diritto d’essere là. I muri non hanno più una realtàmateriale, ma sono ovunque intorno a noi, nella testa degli europei, nel cuore degli stranieri, dolorosamente eterni.

Le frontiere non sono più materializzate, perché non hanno più bisogno d’essere rappresentate. Esse sono nelle mentalità, al cuore del nostro rapporto con l’Altro. Crediamo che i muri rappresentino la potenza degli Stati, quando invece non sono altro che la loro sconfitta. Lo Stato ha vinto ideologicamente quando non ha più bisogno di muri per proteggersi, quando ognuno dei suoi amministrati si presenta in quanto ostacolo all’Altro. In Occidente la sovranitàterritoriale è assicurata dalla sua stessa popolazione, perché chiunque ha imparato àtemere lo straniero, a diffidarne e a opporgli delle barriere insuperabili. « Non possiamo accogliere tutta la miseria del mondo" : questa confessione egoista, ripetuta in coro o tacitamente accettata dalla stragrande maggioranza degli europei costituisce la miglior argomentazione ideologica in favore della chiusura comunitaria. L’Altro, quale che sia la sua miserabile condizione, non è percepito che come un pericolo potenziale, una minaccia contro l’equilibrio delle forze. Anche se è costretto a entrare strisciando, è considerato come un nemico, perché porta con sé un modo d’essere e un modo di vivere che non è identico a quello coltivato in Europa fin dall’antichità.

Ogni europeo, se non si oppone alla caccia allo straniero, si rende complice d’una abominevole crociata ideologica che, ben che si risparmi i bastioni e le feritoie, non fa per questo meno morti.

Anche senza muri, l’Europa manca atrocemente d’orizzonti.

Da vedere: No job, no money, no food, no dreams e The invisible wall


[1Simile al termine inglese per "coniglio", la siglia indica la squadra d\’intervento rapido della polizia europea alle frontiera, gestita dall\’Agenzia Europea per la Gestione della Cooperazione Operativa alle Frontiere (FRONTEX) Da vedere in proposito.
http://frontexplode.eu/2011/01/08/frontex-rabit-operation-watch-the-hunting-of-the-enemy/

[2Gli elicotteri utilizzati attualmente da Frontex saranno pian piano rimpiazzati con dei droni (UAV in inglese)