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Genova (Italia) : resoconto della prima udienza del processo per la gambizzazione di Adinolfi

lunedì 12 novembre 2012

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Mercoledì 30 ottobre si è tenuta a Genova la prima parte del processo a Nicola Gai ed Alfredo Cospito, accusati di aver gambizzato il direttore di Ansaldo Nucleare (societàdel gruppo Finmeccanica) Roberto Adinolfi, nel maggio 2012. Da un anno sono in detenzione preventiva e finora non hanno fatto alcuna dichiarazione di fronte alla giustizia.

Giàil giorno precedente, la stampa borghese annunciava un imponente dispositivo poliziesco e il “blocco della città†. Tra l’altro, i due compagni verranno trasferiti a Genova soltanto il mattino del 30 e non il giorno precedente, anche se l’udienza è prevista per le 9,30, probabilmente per evitare un presidio davanti alla prigione. Ma ciò non ha impedito, come abbiamo letto sui giornali qualche giorno prima, che una bomba carta esplodesse nelle vicinanza della sezione AS2 di Ferrara, dove sono incarcerati Alfredo e Nicola, così come i compagni Sergio Maria Stefani (ultimo prigioniero dell’operazione Ardire) e Adriano Antonacci (prigioniero in seguito all’operazione dei ROS nei Castelli Romani); ciò non ha nemmeno impedito che un ENI Store di venisse fracassato in solidarietà, qualche giorno prima, a Torino. Ci saranno molti controlli, da parte della DIGOS, alle macchine di chi arriva a Genova per assistere al processo oppure a compagni del posto che escono da casa loro.

Circa duecento compagni (più di quanto sperato) hanno risposto all’appello ad una presenza solidale e si sono ritrovati davanti al tribunale per far vedere ai due compagni che non sono soli di fronte al nemico, per far vedere a tutti quelli che li hanno descritti come pazzi furiosi che non sono isolati e che per molti anarchici, ancora, di fronte allo Stato ci si sostiene a vicenda. Il dispositivo poliziesco è quello atteso, con più di un centinaio di guardie di ogni sorta, carabinieri e celerini, così come un massiccio dispiegamento di sbirri in borghese della DIGOS, che filmano le persone presenti da tutte le angolazioni possibili e ci “scortano†lungo ogni spostamento. Sono presenti in massa anche i giornalisti, che non mancano di essere gli zelanti avvoltoi che sono sempre stati, soprattutto in Italia [la stampa italiana, fin dall’inizio, ha largamente seguito il caso Adinolfi, specialmente in questo ultimi giorni, con il processo, la cui corta udienza di 30 secondi è integralmente diffusa in video su internet].

Le entrate del tribunale verranno rapidamente bloccate e soltanto 24 persone sono autorizzate ad assistere all’udienza (in una piccola sala, evidentemente per limitare la presenza di pubblico). All’inizio dell’udienza, Alfredo ha cominciato a leggere una dichiarazione, senza il permesso della giudice, che, fra il rumore degli insulti, l’ha subito fatto allontanare, seguito da Nicola che non aveva ancora nemmeno cominciato a leggere la sua dichiarazione. Le loro rispettive dichiarazioni rivendicano la responsabilitàdell’attacco di cui sono accusati. Dietro di loro, i compagni presenti nella sala sono rumorosamente usciti dal tribunale, insultando i magistrati ed urlando degli slogan. Anche fuori i compagni si fanno sentire: “Tutti liberi / Tutte libere†e “Il nostro desiderio di libertàè più forte di ogni autorità†.

Il processo è quindi continuato senza gli accusati né i/le 24 compagni/e che assistevano all’udienza; le dichiarazioni sono state lette dalla procura e l’accusa ha chiesto delle pene di 12 anni per Alfredo, considerato come l’autore dello sparo, e di 10 anni per Nicola (e anche un milione di euro di risarcimento danni allo Stato). I procuratori Silvio Franz e Nicola Piacente si sono stupiti che, dopo la loro confessione, Nicola e Alfredo “non si dissocino, ma abbiano pure del disprezzo verso le autoritàe le norme†! Il 12 novembre ci saràla fine del processo, con la replica della difesa (il cui scopo principale saràquello di far cadere il capo d’imputazione di “terrorismo†) e la sentenza.

Intanto i compagni solidali si sono allontanati in gruppo dal tribunale, scortati/seguiti dagli sbirri in tenuta antisommossa e sul chi vive e, poco discretamente, da qualche spione con la telecamera, per finire la giornata con un momento di discussione in un’aula dell’università, occupata per l’occasione per permettere una breve assemblea dove si è discusso del seguito da dare alla solidarietàrivoluzionaria con i compagni, in continuitàcon le assemblee solidali che hanno giàavuto luogo a Roma e Firenze (a partire dall’appello “A testa alta†). Per tutto il resto della giornata, gruppetti mobili della DIGOS sono rimasto ostensibilmente incollati agli anarchici presenti in città.

L’industria nucleare, civile così come nucleare, fa parte dei numerosi orrori che infestano questo mondo, con la rassegnazione che essi diffondono, l’autoritàe la sottomissione necessarie per mantenerli, lo spossessamento che essi generano, rendendo impossibile il nostro controllo sulle nostre proprie vite. Roberto Adinolfi è uno sfrenato difensore di questa tecnologia mortifera. Attaccarlo fisicamente è stato solo restituirgli un’infima parte dell’oppressione che lui diffonde e sostiene con le sue attività.

Le ricorrenti discussioni, fra anarchici, sui metodi da utilizzare e promuovere nell’attacco contro il potere sono molto spesso fonte di conflitti, ed è normale: per la sua stessa essenza, l’anarchismo non può essere una cappella ideologica univoca, ma piuttosto una libera associazione di individui unici e diversi che si ritrovano oppure no sulla base di affinità. Nel suo seno hanno sempre coabitato pratiche tanto varie quanto le personalitàdei differenti individui che si riconoscono nelle stesse idee. L’azione anarchica presenta una varietàdi strumenti molto diversi, che ciascuno può scegliere secondo la sua sensibilità, quello che è pronto a fare e a rischiare. Ma, al di làdi queste scelte individuali, tocca a noi riconoscere le azioni che ci dicono qualcosa, coerentemente con le idee che propugniamo, e quindi i compagni a cui vogliamo portare la nostra solidarietà, per rompere l’isolamento che lo Stato vuole imporre cercando di marginalizzare l’azione offensiva, designando dei cosiddetti “terroristi†fra i sovversivi, facendo la distinzione fra “buoni†e “cattivi†, separando per meglio reprimere.

Certo, la solidarietànon può essere acritica né incondizionata ed il sostegno a degli anarchici detenuti non significa una totale affinitàcon tutto quello che possono dire o fare. Così, per noi, l’attacco a questo mondo in una prospettiva anarchica non appartiene ad una sigla o ad una qualunque organizzazione (FAI od altra) e non può essere riassunto né monopolizzato dal network autoreferenziale creato dalla condivisione di questa sigla. Noi vogliamo diffondere la conflittualitàe l’attacco nel seno della societàe contro di essa, e non in un network chiuso che potrebbe diventare uno spettacolo virtuale a forza di comunicati firmati con sigle (a maggior ragione se fisse) che diventano un nuovo tipo di rivendicazione identitaria od organizzativa.

Ci pare oggi evidente che i due compagni meritano la nostra solidarietà, critica o no, perché più che mai il processo per la gambizzazione di Adinolfi è una questione importante per tutto il movimento anarchico, in Italia come altrove. E noi condividiamo la prospettiva di Nicola ed Alfredo secondo cui la fine di ogni autoritànon arriveràche tramite l’attacco diretto, senza contare su un qualunque sollevamento di massa, una rivoluzione che bisognerebbe aspettare a braccia conserte.

Diffondiamo pratiche offensive contro questa societàdi oppressione e di dominio, sostenendo con le parole e con gli atti quelle e quelli che non arretrano di fronte alla repressione e continuano a battersi per le idee che condividiamo.

Libertàper tutti/e i/le compagni/e indagati e detenuti in Italia come altrove, quelli e quelle che mantengono la testa alta nei momenti più difficili, che lottano dentro come lottavano fuori, con la dignitàche caratterizza le nostre prospettive anarchiche, di fronte alla vigliaccheria ed alla rassegnazione che questo mondo diffonde. Mandiamo anche un pensiero a Sergio, detenuto in seguito alle operazioni Ardire e Shadow.
Fino a quando non ci saranno più prigioni, fino alla fine di ogni autorità!
Liberi/e tutti/e!

Di làdelle Alpi,
Qualche individualitàanarchica solidale.